Atti del podestà


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Il più importante privilegio che Romano ottenne prima dai Visconti e in seguito dalla repubblica di Venezia fu quello dell'amministrazione della giustizia secondo gli statuti del comune.
Preposto a questo compito in epoca viscontea era il vicario ducale e sotto il dominio veneto il podestà e provveditore: era questo secondo titolo che lo abilitava a tale ufficio.
Il podestà era nominato dal senato veneto, che lo sceglieva tra il patriziato veneziano, e durava in carica 32 mesi.
Romano godeva del privilegio della amministrazione in materia civile separata da Bergamo già dal 1339, su concessione di Giovanni e Luchino Visconti, i quali confermarono questo privilegio due anni più tardi, (1385)(1). Il borgo ottenne poi, con la signoria dei conti di Covo, anche la giurisdizione in materia criminale(2). Tali privilegi furono confermati dalla repubblica veneta nel 1428(3) e 1477 demandò ai rettori di Brescia il giudizio in appello(4).
Naturalmente Bergamo non si rassegnò facilmente alla perdita di potere su questa importante zona del suo territorio.
Difatti nella serie Privilegi sono contenute diverse ducali, indirizzate ai rettori di Bergamo, per porre fine alle loro ingerenze, che ribadiscono l'assegnazione al solo podestà e provveditore di Romano del potere di amministrare la giustizia nei confronti degli abitanti del borgo(5); ma nella stessa serie sono presenti anche alcune ducali indirizzate ai podestà di Romano(6).
I capitoli in materia criminale furono integrati con disposizioni speciali nel 1720 dal consiglio dei quaranta e quindi riconfermati nel 1735(7).
Le denunce venivano presentate al banco civile del comune (che era chiamato sino alla fine del XVI sec. "bancho iuris" o "iuridicalis"), situato sotto il loggiato del palazzo comunale. I reati compiuti ai danni di proprietà comunali venivano perseguiti d'ufficio, su semplice segnalazione dei fatti resa dal canepario. La registrazione delle denunce, degli atti processuali e delle sentenze in materia criminale era di competenza del notaio al maleficio, eletto dal consiglio speciale.
Le pene pecuniarie erano deposte nella cancelleria pretoria e consegnate, detratto l'importo relativo al dazio delle condanne da versarsi alla camera fiscale di Venezia, alla comunità prima del termine del mandato del podestà, che ne era responsabile.
La documentazione presente nell'archivio è composta da otto registri che contengono le cause civili comprese nell'arco di tempo di quasi due secoli, dal 1479 al 1629, con frammenti della seconda metà del secolo XVIII.
Questo materiale è situato nell'archivio del comune in quanto, pur riguardando atti del podestà, è prodotto non dalla cancelleria pretoria, ma dai notai del banco civile. Ciò avveniva in osservanza delle disposizioni statutarie che richiedevano esplicitamente ai notai del comune la registrazione non solo degli atti della gestione amministrativa ed economica della comunità, ma anche dell'attività giudiziaria riguardante gli abitanti del comune ("[notarii] ... debeant ponere ad quaternum banna et condennationes domini potestatis ...")(8).
I notai del banco civile erano due, venivano eletti dal consiglio speciale e duravano in carica due anni.
Tutti i registri presentano un'identica impostazione: sotto la data è riportata la denuncia presentata, il nome delle parti in causa e del relativo oggetto; sono di seguito annotate le citazioni degli imputati (le quali venivano materialmente effettuate dai due servitori pubblici del comune), le loro comparizioni dinnanzi al podestà nonchè le loro deposizioni. Gli atti del dibattimento processuale comprendevano anche le deposizioni dei testimoni. Sono quindi registrate le sentenze del podestà, che aveva il termine di tre giorni per emetterle. Alla parte soccombente era concesso il termine di 6 giorni (durante il quale l'esecuzione della sentenza era sospesa) per presentare appello dinnanzi ai rettori di Brescia. L'inoltro dell'appello veniva annotato a calce della sentenza.


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