Comune di Bergamo (Sec. XII-1797), Bergamo


Tipologia: Ente (Comune)

Sede: Bergamo

Profilo storico-biografico: Centro importante sin dall'età romana, importanza testimoniata anche dai resti archeologici di città alta, Bergamo assurse a grande rilievo in epoca longobarda, durante la quale fu sede di un importante ducato. Il passaggio all'età franca confermò la rilevanza di Bergamo, situata sulla strada che congiungeva Brescia a Como e di lì al centro Europa. La chiesa di Bergamo godeva di privilegi di immunità concessi dall'imperatore Carlo III sin dall'882, privilegi confermati e ampliati in seguito da Enrico II e Corrado II. Nel corso dei secoli X e soprattutto XI l'istituzione vescovile riuscì ad erodere il potere della famiglia comitale dei Gisalbertini assicurandosi di fatto il controllo sulla città. Il culmine del potere vescovile fu toccato sotto il vescovo Arnolfo (1077-1098) il quale, però, venne coinvolto, e travolto, dalla lotta per le investiture. Scomunicato in quanto simoniaco e fedele dell'imperatore, Arnolfo venne infine deposto da un sinodo milanese. Meno di dieci anni più tardi si ha notizia di consoli e di una vita amministrativa già avviata. Il passaggio, quindi, alla fase comunale non fu brusco, segno della provata partecipazione dei membri delle maggiori famiglie cittadine al governo della città già durante il dominio vescovile. Alla base della primaria struttura amministrativa e politica del comune di Bergamo erano le vicinie. Si trattava di suddivisioni delle aree della città sorte dapprima con carattere principalmente ecclesiastico e legate al culto, poi aventi sempre più spiccate caratteristiche amministrative. Nel 1251 le vicinie erano diciassette. Salirono a ventidue nel 1263, passarono a venti nel 1453, a diciannove nel 1491, di nuovo venti nel 1563 e 1596. Nel 1265 Filippo della Torre, allora signore del popolo di Milano, divenne podestà di Bergamo che, da quel momento, entrò nell'orbita milanese. I della Torre restarono in Bergamo sino al 1277, quando i Visconti presero il sopravvento in Milano. Si aprì un nuovo periodo di "indipendenza" che durò fino al 1301. Gli ultimi anni del XIII secolo furono caratterizzati dalla cruenta lotta fra le famiglie di parte guelfa (Bonghi e Rivola) e ghibellina (Suardi e Colleoni). Nel maggio 1301 Matteo Visconti fu acclamato capitano del popolo (per un solo anno) dopo esplicita richiesta dei Suardi e dei Colleoni. I contrasti fra guelfi e ghibellini furono sanati con una pace nel febbraio 1307. La discesa di Enrico VII riportò in auge in città il partito ghibellino, il quale riprese il sopravvento nel novembre 1310. Il primo vicario regio in Bergamo, segno tangibile della fine dell'autogoverno comunale, infatti, fu un Visconti. La struttura organizzata dall'imperatore, però, andò in pezzi alla sua morte, due anni più tardi. Il periodo che va dal 1313 al 1330 fu, poi, tutto un alternarsi di podestà di nomina comunale e di nomina "milanese", a seconda della situazione generale. Nel novembre 1330 i guelfi di Brescia si rivolsero a Giovanni re di Polonia e di Boemia, figlio di Enrico VII, contro i della Scala e i ghibellini. Il re entrò in Brescia il 31 dicembre 1330. Il 5 febbraio successivo ci fu la dedizione di Bergamo e l'entrata del re in città. Giovanni di Boemia rimase signore di Bergamo fino al settembre dell'anno successivo, quando la città cadde definitivamente nell'orbita viscontea. Sotto i Visconti la struttura del comune assunse caratteristiche ormai diverse dal passato: al vertice del comune era il podestà, il quale nominava i membri di due nuovi consigli cittadini (il consiglio maggiore, detto anche provisione grande, formato da centoquarantaquattro membri che, a gruppi di dodici, formavano il consiglio minore, detto anche provisione piccola, la successiva bina); tali consigli in un primo momento affiancarono, e in seguito sostituirono i preesistenti consigli generale e di credenza. Lo statuto del 1331, in pratica, se conferma la ormai definitiva superiorità di Bergamo rispetto agli altri comuni del territorio, segna in modo inequivocabile (e definitivo) la sua soggezione ad un potere superiore ed esterno. Lo statuto del 1333 concedeva al comune il diritto di appellarsi ad un collegio di sapienti nel caso avesse ritenuto ingiusto qualche provvedimento podestarile, ma già dal successivo tale concessione non compare più. La dominazione dei Visconti durò sino al giugno 1408, quando entrò in città Pandolfo Malatesta, in precedenza condottiero al servizio dei signori di Milano, e da qualche tempo avventuriero in proprio nella Lombardia dilaniata dalla guerra interna ai Visconti. La ripresa viscontea con Filippo Maria riportò Bergamo in mano milanese (luglio-agosto 1419). Nel 1426 scoppiò il conflitto fra Venezia e Milano. La prima pace di Ferrara (dicembre 1426) fissò il passaggio di Bergamo (assieme a Brescia e Cremona) alla città lagunare. La guerra riprese nel marzo 1427. In quel mese la valle Calepio venne occupata dalle forze milanesi. In ottobre, con la vittoria veneziana di Maclodio, la guerra poteva dirsi ormai conclusa. Agli inizi di ottobre le valli Brembana Superiore, Seriana Inferiore e Superiore e alcuni comuni (Scanzo, Rosciate, Calepio) si diedero spontaneamente a Venezia, ottenendone in cambio generosi privilegi ed esenzioni fiscali. In dicembre le truppe veneziane occuparono anche la valle Gandino, Trescore e la val San Martino giungendo sino alle mura di Bergamo. Il 19 aprile 1428 si giunse ad una nuova, definitiva pace di Ferrara, che lasciò ai milanesi la Gera d'Adda, Caravaggio e Treviglio. I primi delegati veneziani in città furono i provveditori Paolo Correr, Andrea Giuliano e Giovanni Contarini, entrati in città l'8 maggio 1428. Bergamo rimase sotto la dominazione veneziana fino al marzo del 1797, fatta eccezione per gli anni compresi fra la sconfitta veneziana di Agnadello (1509) e il ritorno definitivo sotto la Dominante (1516), anni durante i quali si alternarono alla guida della città e del territorio Francesi, Spagnoli e Veneziani. Dopo tale tumultuoso periodo, la permanenza del bergamasco all'interno dello stato veneto fu, come si é detto, continua e sostanzialmente tranquilla.


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