Vicario della Valle gandino (1409 - 1797), Gandino


Tipologia: Ente

Sede: Gandino

Profilo storico-biografico: Con il privilegio concesso da Pandolfo Malatesta nel 1408 si ha per la prima volta notizia della Valle Gandino come ente territoriale autonomo avente Gandino come centro amministrativo e sede di un podestà o vicario quale rappresentante dell'autorità centrale. Si ha notizia di vicario di valle nel 1409, certo Guido da Fano, nominato da Pandolfo Malatesta, allora signore di Bergamo e di Brescia (1). Con gli statuti di età veneta, risalenti al 1435, che la figura del vicario di delinea con precisione (2). Questi oltre alle funzioni di rappresentanza, di controllo e di polizia, aveva il compito anche di amministrare la giustizia, sia pure limitatamente alle cause civili non superiori alle 50 lire imperiali e alle criminali non superiori alle 10 lire imperiali (somme in seguito incrementeate). Al momento del passaggio della Valle Gandino sotto la dominazione veneta, il doge Foscari, con il proprio privilegio datato giugno 1428, le confermò sostanzialmente la separazione dalla Città di Bergamo nelle questioni giudiziarie, oltre che in quelle fiscali ed amministrative: il doge ribadiva il diritto della Valle Gandino ad avere un proprio rettore o vicario con l'ampliamento delle competenze giuridiche in ambito civile fino alle cause di valore non superiore alle 200 lire ed in ambito criminale fino a 50 lire imperiali. Chiaramente non aveva competenza nelle cause che comportavano pene detentive o corporali fino alla pena di morte che erano di esclusiva competenza dei rettori di Bergamo. Il privilegio ducale stabiliva che il vicario avesse un salario mensile di 400 lire imperiali a carico della Valle oltre che gli introiti derivanti dal "banco" cioè dalla produzione degli atti giuridici. Il vicario inoltre, era tenuto ad avere un notaio ed una propria "familia", ovvero un gruppo di funzionari da lui scelti, secondo però le limitazioni impostegli dal potere centrale. Alle battute finali del suddetto privilegio veniva affermata la volontà della dominante che il vicario all'inizio del suo mandato dovesse giurare fedeltà agli statuti ed agli ordinamenti della Valle, e che invece alla fine della carica, prima di andarsene dalla valle, dovesse essere "sindacato" (3). Le competenze del vicario vennero più compiutamente riprese poi negli statuti della Valle compilati nel 1435: oltre alle competenze già attribuite dal privilegio del 1428 gli statuti riconoscevano al vicario l'onere di dirimere i contrasti tra i vicini e di presiedere alla nomina di arbitri per la definizione delle vertenze più complesse riguardanti i comuni; egli doveva assumere tutte le denunce sporte dai campari e dai consoli dei comuni del suo distretto, verificarne l'attendibilità e comminare le eventuali pene pecuniarie previste dagli statuti stessi; riguardo alle cause di maggiore entità doveva limitarsi a raccogliere le informazioni atte ad istruire il processo e a trasmetterle alla Cancelleria Pretoria o Prefettizia di Bergamo; oltre alle mansioni giudiziarie al vicario spettava il compito di presiedere il consiglio degli anziani della Valle ed unitamente ad esso garantire l'esecuzione degli ordini delle autorità centrali, approvare i capitoli di spesa della Valle, controllare l'operato del tesoriere di Valle, decidere in merito alle vie di comunicazione, alla tutela dei confini e dei beni comuni (4). Fino al 1440 la nomina del vicario della Valle era una prerogativa dello stesso doge. Francesco Foscari , pertanto, mantenne in carica dal 1428 sino a tutto il 1435, Giorgio Celeri di Lovere. Ma sul finire degli anni trenta la politica veneziana divenne più attenta alle esigenze della Città piuttosto che a quelle del Territorio; fu così che nel 1440 il doge concesse al Consiglio maggiore di Bergamo il privilegio di eleggere alla fine di dicembre di ogni il vicario della Valle Gandino come quelli di altre valli. Questi doveva essere un cittadino residente a Bergamo, di età superiore ai venticinque anni, ed avere il diritto a partecipare alle riunioni dello stesso Consiglio maggiore; non doveva essere un notaio al maleficio né risultare sgradito agli abitanti della Valle. La durata effettiva del mandato vicariale era stabilita dal Podestà e dalla Bina degli Anziani di Bergamo: grazie alla concessione del doge Foscari del 1443, doveva durare dodici mesi, ma venne portata a sedici verso la fine del Quattrocento (5). Nel corso della prima metà del Settecento, in seguito a reiterate richieste da parte dei rappresentanti della Valle a Venezia, venne riconosciuto al vicario di Gandino il titolo di podestà, dapprima solo come segno onorifico, poi con effettivo ampliamento della giurisdizione (6). Il vicario era accompagnato da un notaio di sua scelta e il suo luogotenente doveva essere approvato dai rettori di Bergamo e registrato dal cancelliere di Bergamo.

Note: (1) Vedi unità n. 1270; si veda anche Pietro Gelmi, Battista Suardi, "Storia di Gandino e della sua valle. Il Quattrocento." Tomo II, Gandino, Amministrazione Comunale di Gandino, 1996, p. 111. (2) "Statuta et ordinamenta Vallis Gandini", 1435, Bergamo, Biblioteca Civica A. Mai, MMB 78. (3) Vedi unità n. 1272. (4) Vedi anche unità 1317. (5) Rota Silvia, "Le istituzioni comunali e di Valle nel quattrocento", in "Gandino e la sua Valle", Villa di Serio, Edizioni Villadiseriane, 1993. (6) Vedi unità n. 1406.


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