Dazi sul bestiame e sulla macellazione


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I dazi sul bestiame e sulle carni erano chiamati dazi della "grattarola" e del "piede rotondo" . Alla data del 1445 si ritrova in appendice allo statuto comunale uno "statuto del dazio della grattarola delle carni all'ingrosso e al minuto e del piede rotondo del comune di Gandino": i capitoli più significativi erano i seguenti: il dazio doveva essere incantato ogni anno; che ogni persona del comune era tenuta a pagare il dazio all'incantatore in qualunque caso di compra o vendita di bestiame anche al di fuori dei confini comunali; che i forestieri erano tenuti a pagare il dazio come i vicini; i macellai dovevano chiamare il conduttore prima della vendita delle carni; nessuno poteva vendere carni fuori dal comune senza la licenza dei conduttori; erano esenti dal dazio le carni acquistate in occasione di nozze, oppure quelle comprate o vendute da agenti per nome del comune in caso di necessità; erano altresì esenti dal dazio le bestie comprate o vendute nel periodo che intercorreva da gennaio ad aprile di ogni anno che venivano iscritte "ad taleam" del comune. Anche lo stesso statuto comunale del 1445 conteneva alcuni capitoli relativi ai suddetti dazi: singolare è la rubrica CXLI che stabiliva, come anche veniva poi ribadito alla CCXIIII, che i conduttori del dazio della grattarola erano tenuti a versare al vicario alla fine di ogni mese la cifra convenuta con il comune quale salario; allo stesso modo i conduttori del dazio del piede rotondo erano tenuti ogni due mesi a pagare i consoli del comune.
La serie si compone di sei unità, tra cui alcuni capitoli d'incanto dei suddetti dazi del XV e XVI secolo, una nota di spese sostenute dal comune nel XV secolo per la difesa di alcuni suoi abitanti in una causa riguardante il mancato pagamento del dazio sulle carni salate, e un elenco di pecore di proprietà degli abitanti della Valle Gandino compilato probabilmente a fine di esazione del dazio sul bestiame.


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